La canzone di Achille, Madeline Miller
Marsilio | 371 pagine | €11,00
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Di Achille abbiamo sempre letto le grandi gesta, ma in questo romanzo la guerra e le sue atrocità non sono al centro quanto i suoi sentimenti per Patroclo. La voce narrante è proprio lui, Patroclo, che a nove anni venne esiliato dal padre per aver ucciso, per sbaglio, un coetaneo e mandato dal re Peleo. È in questa circostanza che incontra per la priva volta il principe Achille, un ragazzino dai riccioli d'oro con cui stringe una forte amicizia. Negli anni passati assieme questo sentimento cresce con loro. Ad Achille spetta però un futuro da eroe, è il migliore fra i greci, e a nessun eroe è concesso di essere felice.
"Dimmi il nome di un eroe che è stato felice." Riflettei. Eracle era impazzito e aveva ucciso la sua famiglia; Teseo aveva perso la sua sposa e suo padre; i figli e la nuova consorte di Giasone erano stati uccisi dalla sua prima moglie; Bellerofonte aveva ucciso la chimera ma era caduto dal dorso di Pegaso ed era rimasto storpio. "Non puoi." Si alzò a sedere e si sporse in avanti. "Non posso." "Lo so. Gli dei non permettono a nessuno di essere famoso e felice."
Sono rimasta incantata dallo stile di Madeline Miller, dal modo in cui entra nei personaggi per dar spazio ai loro sentimenti. Racconta l'amicizia, l'amore e la complicità fra Patroclo e Achille in maniera molto semplice e diretta, dando voce ai sentimenti e alle insicurezze di entrambi. Ho avuto l'impressione di leggere la storia di due persone d'oggi ambientata però nel passato, tanto mi sono sembrati veri e attuali. Due personaggi molto diversi fra loro per carattere e fato, ma legati da sentimenti veri che li uniranno fino alla fine, anche nelle peggiori avversità. I loro scambi di battute sono dolci, spesso punzecchianti, e le scene di intimità mai eccessivi o volgari. Una storia d'amore e di valore degna dei grandi tempi passati.
Aveva davvero pensato che non lo avrei riconosciuto? Lo riconoscerei anche solo dal tocco, dal profumo, lo riconoscerei anche se fossi cieco, dal modo in cui respira, da come i suoi piedi sferzano la terra. Lo riconoscerei anche nella morte, anche alla fine del mondo.
Mentre ho apprezzato molto la scelta di raccontare un lato nascosto di Achille, quello di un ragazzo qualunque con sogni e passioni, non mi è piaciuta la scelta di dipingere Patroclo come un ragazzino debole, disinteressato al combattimento e spesso in fuga da ogni tipo di scontro diretto. Purtroppo i miei ricordi sulla storia sono molto vaghi, ma ho sempre immaginato Patroclo al pari di Achille, un valoroso combattente, un compagno d'armi affidabile nonostante non avesse la stessa fame dell'eroe, e ho fatto fatica a digerire questa sua nuova versione. Nella seconda parte del romanzo ho trovato entrambi i protagonisti incoerenti, le loro decisioni non rispecchiavano affatto i loro pensieri e l'indole mostrateci. Achille mai una volta ha fatto riferimento alla guerra, si è sempre dimostrato disinteressato al conflitto e alla politica eppure va in guerra assieme a Patroclo che non ha mai combattuto in vita sua. Non lo avrebbe mai esposto a un tale pericolo se non fosse stato certo del suo valore e delle sue capacità sul campo. Forse sarà solo una mia convinzione personale, però ne sono rimasta infastidita perché non riuscivo a spiegarmi alcuni avvenimenti nel libro.
"Gli dei non permettono a nessuno di essere famoso e felice." Inarcò un sopracciglio. "Ma voglio confidarti un segreto." "Dimmi." Adoravo quando faceva così. "Io sarò il primo." Mi prese il palmo della mano e lo premette sul suo. "Giuralo." "Perché io?" "Perché la ragione sei tu. Giuralo." "Lo giuro" dissi, smarrito nel rossore delle sue guance, nella fiamma dei suoi occhi. "Lo giuro" fece eco lui. Restammo seduti un istante, le mani che si toccavano.
La canzone di Achille non si ferma a essere solo una storia d'amore però, è il racconto di due persone molto diverse che si trovano e che affrontano le difficoltà dei loro tempi spesso in maniera differente. Parte come una storia di due giovani che crescono con sogni, ambizioni e progetti ma vengono poi messi di fronte a qualcosa di più grande di loro: la guerra e il fato. Soprattutto Achille è spesso impossibilitato ad agire secondo il suo volere a causa delle profezie e della madre Teti, una ninfa. Ecco che la Miller ci mette di fronte alla vita cantata nei poemi, ai sacrifici da fare per essere qualcuno, per essere ricordati in eterno. Per questo Achille dovrà combattere e rinunciare alla sua vita, per questo accetta di andare a Troia pur sapendo che da quella terra non tornerà più indietro. Essere ricordato vale più di una vita lunga, è un destino preferibile all'invecchiare senza essere nessuno. Inoltre l'autrice presenta le consuetudini dei tempi, almeno secondo le storie tanto decantate: la terribile abitudine degli uomini di prendere le donne e stuprarle, di sgozzare i propri figli in cambio del favore degli dei, di iniziare guerre per una donna. Non lo fa con leggerezza, anzi sottolinea spesso le atrocità e la sofferenza di questi gesti che non passano inosservati nemmeno ai nostri protagonisti. Nonostante la ripetizione nel tempo di questi gesti, non ci si abitua, non con facilità o indifferenza almeno.
"Ma perché è stato colto da follia?" "Gli dei volevano punirlo" rispose Chirone. Achille scosse la testa, impaziente. "Ma la punizione più grande è stata quella subita da lei. Gli dei sono stati ingiusti." "Gli dei non sono tenuti a essere giusti, Achille" disse Chirone. "E dopotutto forse il dolore più grande è quello di chi viene lasciato da solo sulla terra. Non credi?"
Dal punto di vista dell'ambientazione, per quanto io non sia una grande esperta di epica e del mondo antico, devo dire che si nota l'enorme studio e dedizione dell'autrice nel ricreare uno scenario fedele ai testi antichi. I personaggi, gli dei, gli ambienti, combace tutto quasi perfettamente. Ho apprezzato in particolare il modo in cui alcune scelte degli dei ci fossero presentate come veri e propri capricci, perché ho sempre immaginato queste divinità come degli essere umani immortali, spesso annoiati dalla loro eternità e ben felici di intromettersi nelle faccende di altri. La stessa guerra di Troia non si limita a essere un conflitto fra greci e troiani, ma uno scontro fra divinità. Quando la storia entra in questa seconda fase devo dire che mi ha entusiasmata meno, forse per le contraddizioni che citavo sopra che non mi hanno permesso di godermi a pieno la lettura e forse perché perde parte del suo fascino nel momento in cui si mescola alla guerra di Troia e quindi a fatti ben precisi riportati nell'Iliade.
Adesso mi parve che a separarci ci fosse un mondo intero, anche se era così vicino che potevo sentire il calore che si levava dalla sua pelle. Aveva le mani in grembo, rese callose dalle lance ma ancora bellissime. Mai erano state create mani così gentili e così letali.
La fine della storia la conosciamo tutti, niente grandi sorprese quindi. Nonostante la drammaticità della morte di Patroclo e l'ira di Achille, mi sarei aspettata qualcosa di più, proprio perché l'epilogo era già stato annunciato. Detto questo, fra alti e bassi, è stata una piacevole lettura soprattutto per l'approccio dell'autrice che ha reso più moderna una storia così lontana da noi. Non vedo l'ora di leggere Circe, presto in uscita qua in Italia, per approfondire e immergermi di nuovo nel mito.
Non vedevo l'ora di leggere la tua recensione. Ho letto il libro un mese fa ed è subito diventato uno dei miei preferiti, nonostante ciò anch'io ho percepito queste contraddizioni dei personaggi verso la fine, alcune loro azioni non le capivo. Tuttavia questo libro mi è entrato nel cuore, così come Patroclo (anch'io lo avevo sempre immaginato come un combattente al pari di Achille, ma ho pensato fosse a causa della mia poca conoscenza dell'Iliade) e Achille.Non posso far altro che pensare a questo libro con profondo affetto.
RispondiEliminaTi ringrazio :) Mi fa molto piacere che questo libro sia riuscito a lasciarti un'emozione del genere! :)
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