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Appartamento 401 di Shūichi Yoshida | Recensione

sabato 9 marzo 2019


Appartamento 401, Shūichi Yoshida
Feltrinelli | 240 pagine | €16,00
Disponibile su Amazon e Ibs.it

Ryosuke, Kotomi, Mirai e Naoki sono quattro ragazzi che condividono lo stesso appartamento nel quartiere Setagaya di Tokyo. Ryosuke va all'università e si innamora della ragazza del suo amico, Koto passa le sue giornate chiusa in casa in attesa di una chiamata da parte del fidanzato, Mirai esce ogni sera a bere in locali gay e Naoki è il "fratello maggiore" del gruppo.


La vita trascorre tranquilla fra problemi d'amore, strani affari nell'appartamento adiacente e l'arrivo di un nuovo ragazzo nel gruppo che non rivela molto di se stesso. La sinossi sul libro lasciava intendere che si trattasse di una storia un po' oscura, un thriller, ma se è questo che cercate allora rimarrete delusi da Appartamento 401. La trama è abbastanza scarna perché l'autore si focalizza sul lato umano. A ogni coinquilino è dedicata una parte del romanzo che racconta dal suo punto di vista la storia. In questo modo conosciamo a fondo questi cinque ragazzi, i loro desideri, le loro debolezze e come vengono visti dagli altri. È sicuramente questo il punto forte del libro. Yoshida è molto abile nel delineare le personalità dei protagonisti e nel portare alla luce le criticità della società in cui vivono. Spesso si tende a sottolineare solo il bello del Giappone ma, come ogni Paese, ha luci e ombre. La pressione della società si fa sentire soprattutto fra i più giovani che reagiscono in modo diverso al carico di aspettative e lavoro. Koto ad esempio ha mollato tutto per passare le sue giornate in attesa che un ragazzo la chiami per uscire. Mirai gira per locali riducendosi a uno straccio praticamente ogni sera. Per noi forse è difficile metterci nei panni di questi ragazzi, ma alcuni sentimenti possono essere condivisi perché tutti almeno una volta ci siamo sentiti fuori posto, alla ricerca di una realtà "felice". L'appartamento è come se fosse un mondo a parte, in cui i problemi della vita di tutti i giorni si fanno sentire meno.

Quella che viveva lì con loro era la ‘me dell’appartamento’ (e la ‘me dell’appartamento’ non si esibiva in una performance seria). La vera me, in quell’appartamento non esisteva. La me che andava d’accordo con gli altri coinquilini (Ryōsuke, Koto, Naoki e Satoru) era la ‘me dell’appartamento’. Ma forse anche loro si erano inventati la loro versione ‘dell’appartamento’. E quindi in realtà non esistevano neanche loro , e quindi nell’appartamento non c’era nessuno. Se l’appartamento era disabitato, non avevo nulla da temere. Non dovevo preoccuparmi di tirar fuori una ‘me dell’appartamento’. Potevo essere forte, libera…

Nell'appartamento di fianco succedono strane cose, c'è un via vai sospetto di ragazze e nel quartiere iniziano a verificarsi dei casi di aggressione. Ma questi sono solo contorni alla storia vera e propria quindi non fatevi grandi aspettative al riguardo. L'elemento più creepy, a parer mio, risiede nei comportamenti e nelle parole dei ragazzi, soprattutto alla fine. Ecco, questo finale mi ha davvero spiazzata. Non so bene cosa pensare al riguardo perché da una parte mi è sembrato un po' forzato, ha interrotto la magia della storia, dall'altra sono delusa da come ci viene rivelata una cosa e lasciata lì, senza approfondire e andare a fondo. A parte questo è una lettura che mi è piaciuta, proprio perché entra nei personaggi e nella mentalità giapponese. Non è però quello che prometteva la sinossi quindi attenti.

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